Il concetto di cogenitorialità deriva da Minuchin (1974) e si riferisce al grado di coordinazione e di sostegno reciproco con cui i genitori svolgono il loro ruolo. Si riferisce ad una dimensione interattivo-relazionale e non semplicemente ad una collaborazione nel lavoro pratico di accudimento dei figli. La coniugalità ovvero la qualità della relazione di coppia e la cogenitorialità, sono funzioni distinte e in gran parte indipendenti, anche se la problematicità della relazione di coppia può talvolta influenzare negativamente l‘alleanza cogenitoriale.
La cogenitorialità inizia a svilupparsi prima della nascita del bambino, negli ultimi mesi di gravidanza. Attraverso metodi narrativi (colloqui e interviste) e di osservazione, possiamo valutare la collaborazione cogenitoriale prenatale, che è predittiva delle capacità interattive familiari successive alla nascita del bambino. La cogenitorialità è una funzione complessa che sta all’interfaccia tra rappresentazione e comportamento, cioè potremmo dire che è la rappresentazione messa in atto, agita nell’interazione. Nelle rappresentazioni genitoriali è compresa la storia personale e familiare dei partner, la qualità della loro relazione di coppia, la rappresentazione che ognuno ha dell’altro e della relazione tra loro, le aspettative e le rappresentazioni che riguardano il bambino, e la relazione reale con il bambino. La funzione cogenitoriale è influenzata dalle relazioni del passato (trasmissione trans generazionale) oltre che da quelle attuali.
Nel colloquio con i genitori possiamo cogliere la cogenitorialità nel suo aspetto narrativo e in quello interattivo. L’assenza di competizione e antagonismo e di interferenza, le parole e i gesti che indicano un supporto reciproco, il clima affettivo positivo, indicano una buona cooperazione cogenitoriale; al contrario, le interferenze, le critiche e la svalutazione delle parole e delle azioni del partner indicano un basso livello di coesione cogenitoriale. La transizione dalla relazione coniugale a quella genitoriale è una fase delicata e complessa che implica una riorganizzazione dei ruoli e delle aspettative ed una rinegoziazione nella relazione di coppia. I pattern di cooperazione cogenitoriale si organizzano in schemi di interazione che tendono a diventare stabili nel corso degli anni successivi, dando origine ad alleanze familiari più o meno funzionali allo sviluppo del bambino.
Facciamo degli esempi concreti: nei casi in cui il conflitto di coppia si estende alla sfera cogenitoriale e in cui i livelli di ostilità e antagonismo tra i genitori sono elevati, il bambino in età prescolare, spesso reagisce con comportamenti aggressivi, quasi imitando i comportamenti che vede tra i genitori. Oppure può selezionare strategie di controllo e ipervigilanza o di ritiro dalle relazioni. In queste situazioni infatti il bambino perde sicurezza a causa dell’imprevedibilità dei segnali provenienti dai genitori che, essendo in competizione e continuamente critici e polemici uno verso l’altro, danno messaggi contradditori. Di conseguenza il bambino può andare incontro ad una sintomatologia ansiosa e alla difficoltà ad autoregolarsi sul piano emotivo. Il conflitto tra i genitori può essere aperto e dichiarato o passare attraverso la svalutazione e la maldicenza, screditando l’immagine che ha il bambino rispetto al genitore assente.
Anche una forte discrepanza tra il coinvolgimento dei genitori, come l’esclusione dalla vita familiare di uno dei due (più spesso il padre) può determinare uno stato ansioso e insicurezza che possono portare il bambino ad un comportamento di introversione e di ritiro.
In alcuni casi la relazione diadica tra ciascun genitore ed il figlio può essere buona, ma vi sono pochi scambi positivi tra i genitori, mentre altre volte la difficoltà cogenitoriale si ripercuote pesantemente sul rapporto genitore - bambino, poiché il genitore può diventare collerico, intollerante, incapace di porre limiti, controllante e poco disponibile emotivamente fino al rifiuto del rapporto con il bambino. Il bambino a sua volta può sviluppare comportamenti collerici e oppositivi nei confronti dei genitori e talvolta anche verso i pari, con conseguenti difficoltà di adattamento. E’ interessante notare come in queste situazioni il figlio venga descritto dai genitori come bambino “difficile”, dimostrando che anche le rappresentazioni che hanno riguardo al bambino, possono essere influenzate negativamente dal loro conflitto.
Nella difficoltà cogenitoriale può influire, oltre che una insoddisfazione o conflittualità di coppia, anche la delusione per la violazione delle aspettative (spesso da parte della madre) rispetto al coinvolgimento del padre nel rapporto con il bambino e nel suo accudimento.
A tutto questo, dobbiamo aggiungere una variabile importante data dal temperamento del bambino, che in ogni caso è un soggetto attivo nella relazione: alcuni bambini già a pochi mesi possono avere una bassa soglia di attivazione ed una difficoltà di autoregolazione, fattori che mettono alla prova i genitori nel prendersi cura del piccolo, riuscire a calmarlo e fare tutto questo, collaborando insieme, sostenendosi l’un l’altro.